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![]() Guy Morthrop dal "Menphis Magazine"del 3 aprile 1966 «... "una cattedrale, un vicolo, un uliveto, un gruppo di frati sono i soggetti preferiti di Norberto, l'occhio che vede la scena si fa attuale e scopre tutto il valore di un'atmosfera che è tipica di quella che permea tutta l'arte e la vita italiana" ...». Giancarlo Politi da "Flash Art", 1967 «... Egli è un giovane che dell'umbro mite ha tutte le caratteristiche: le contraddizioni latenti, l'angoscia mai oggettiva, il candore vagamente calcolatorio, il mito di una quiete che invece giungerà solo con la morte e l'apparente sicurezza che cela un atavico timore. La sua pittura nasce da queste contraddizioni, da questi scompensi magari. Non è pittura intellettualizzata ma non è nemmeno pittura naïf. E' pittura come summa di rapporti in senso addirittura medievale: il desiderio cioè di esprimersi attraverso il colore e l'immagine ancora umana ma trasfigurata e vagliata attraverso il ricordo che si fa memoria e ritorno nostalgico. Nostalgia di vita mai vissuta o non ancora vissuta; e di cieli tersi e di piazze deserte in cui il silenzio si solidifica come un ectoplasma uscito dalla coscienza di noi stessi ...». Vanni Ronsisvalle dal telegiornale del 10 marzo 1974 «..Il pittore Norberto, che espone alla Galleria Russo, va ben oltre il confine di queste didascalie. L'avventura neo-primitiva di Norberto le scavalca ponendosi in un'area esclusivamente personale ...». Cesare Zavattini da una lettera a Norberto dell'aprile 1978 «... Ma lo sai che ogni volta che ho visto i tuoi quadri il mio primo desiderio è sempre stato quello di partire subito per Spello, e poi, aureolato da quella tanta aria trasparente, andare in giro come un fraticello finalmente tacendo (e non mi capita quasi mai in città). Che cosa si può ottenere di più dalla propria pittura di una propaganda così ingenua e assoluta del luogo dove si è nati seriamente? ...». Luciano Luisi dal volume Norberto, Roma, 1978 «... E tutta una cultura spontaneamente posseduta - come il sentimento del paesaggio e la luce - una cultura che le tradizioni orali e quelle figurative popolaresche hanno arricchito di suggestioni, è scesa a stimolare la fantasia di Norberto Proietti, così che non sarà difficile ritrovare qui le immagini medioevali che raffigurano i mestieri, le opere e i giorni e che immettono nelle antiche usanze, come se l'artista guardasse, per trarne ispirazione, non la vita, ma un codice miniato. Che è il suo modo (e lo isola fra gli altri e vena anche le immagini più ironiche e argute di una modulata poesia) di cercarla, la vita, dove non cede al tempo, dove non si cancella nel suo troppo veloce divenire, ma, al contrario, sa riproporsi nel suo resistere sulle sue solide fondamenta di tradizioni e principi, così che voltandosi è come trovare, sempre aperta, una mano che sorregge. Ecco il perché delle case, costruite pietra su pietra, di quelle case che non crollano; ecco il perché di quei campi dove il giro del sole segna il passare delle ore e delle stagioni: perché quelle immagini sono gli emblemi della continuità della vita nella quale il talento e la sensibilità di Norberto meglio sa riconoscersi e dove meglio si esercita la sua paziente ed essenziale abilità di artigiano ...». Fortunato Bellonzi dalla "presentazione" , catalogo mostra personale 1980 «... Immagine che suscita l'incredulità della favola, e insieme la nostalgia del bene perduto ...». Carlo Carretto dalla trasmissione televisiva Domenica In, 1981 «... Mancava un volto, un personaggio che sarebbe stato al tempo stesso figlio e padre di tutta quella realtà e che dava il nome a quell'epoca e a quell'essere nel cuore di Norberto: Francesco ...». Renato Civello dalla "presentazione", catalogo mostra personale organizzata nel 1984 dall'Azienda di Cura e Soggiorno di Fiuggi «... Fatto è che in Norberto, come non ricorrono le algebre uggiose di una ricerca fine a se stessa nell'ordine costruttivo, così non riscontriamo mai il logorio aberrante dei pensieri sradicati dal vivere o le fortunose assunzioni dell'ideogramma puro. La sua pittura è immersa insieme nello splendore delle spoglie e nella verità castigata dei sentimenti. Non si lascia appannare da sottintesi e sovrapposizioni. Né dal veleno del dubbio, perché fiorisce in una dimensione giovane, dove ogni dettaglio non è la monade pericolosa di Leibnitz, "senza finestre", ma si lega e risponde con docilità alla significazione del tutto. Non c'è dubbio, perciò, che nell'arte di Norberto scorra, accanto alla vena poetica, una vena intensamente spirituale. Forse egli davanti alla propria opera potrebbe dire con Adolfo Monticelli, a parte il diverso orientamento estetico ma nella evidenza di una luce non solo fisica: "Sono io il centro luminoso, sono io che rischiaro". Una certezza che più di ogni altra abilita il prodotto d'arte a superare il destino della caducità ...». Michelangelo Antonioni da «Il colore come pace» in Norberto, Milano, 1985 «... Norberto è un pittore d'istinto, ho detto a un certo punto di questa nota, intendendo che il dipingere per lui è frutto di un processo psichico inconscio, quel processo che invece in tanti altri pittori è speculazione intellettiva. E' un pittore che dipinge, e compone i suoi quadri istintivamente, tant'è vero che non fa prove né disegni. Mette i colori direttamente sulla tavola pronto a cogliere il caso o la illuminazione improvvisa. Ed è questo che dà alla sua pittura una sincerità assoluta ...». Paolo Levi da "Le radici del quotidiano" in Norberto, 1985 «... Qual' è l'atteggiamento attivo di Norberto Proietti in mezzo a questo frastuono di correnti pittoriche, di finti problemi, di mode provvisoriamente vincenti? Con che cosa e in che modo rispondere? Con la poesia. Un'ingenuità la sua, una provocazione? Più che altro una sfida. Accennavamo prima ai felici risultati di lettura da parte di chi esamina un'opera pittorica senza preconcetti e senza schemi delimitanti, insomma in piena libertà. Le improvvisate possono essere tante. In uno scandaglio condotto in tutta semplicità all'interno delle tele di Norberto si scopre, prima di tutto, un oggetto astratto misterioso andato perduto, messo all'indice della figurazione contemporanea, cancellato da tempo dalle nostre coscienze, ed è una figuratività, non naturalistica, posta in chiave poetica. Norberto Proietti è pittore autodidatta, che non ha padri o maestri di scuola; l'unico strumento ch'egli usa per misurarsi col mondo che lo circonda è la propria coscienza d'artista, il proprio occhio onirico che raccoglie e seleziona immagini esterne, trasferendole con musicalità pittorica sulla tela. I grigi mentori contemporanei dell'impegno e del disimpegno in arte, schierati in due campi opposti, gli uni che sussurrano la sopravvivenza dell'arte, ma a certe condizioni, gli altri che ne decretano l'inevitabile fine, male sopportano la permanenza di un terzo incomodo, che né guerre né tecnologie avanzate sono riuscite a sopprimere, il senso della vita. Ed è questa la perla preziosa che siamo andati a scovare in fondo al mare, abbandonandoci a una libera lettura delle tele di Norberto. Nelle sue composizioni c'è infatti una passione vitale, con un preciso messaggio di gioia e felicità. C'è soprattutto la capacità di cantare che si concretizza con quella felice comunicazione immediata che è la pittura. Il quotidiano che ci descrive Proietti non è cronaca ma rituale, diventando quindi la forza della coscienza di vivere ...». |
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